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Lucio Diodati (categoria: Decoratori)
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I contenuti qui di seguito riportati, sono a cura esclusiva dell'artista |
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OPERE |
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BIOGRAFIA:
1955
Lucio Diodati nasce a Popoli il 24 ottobre
1970
segue studi scientifici prima e
i corsi di scenografia all''Accademia di Belle Arti de L''Aquila poi
1979
acquista un torchio calcografico
1980
espone durante il festival dei Due Mondi a Spoleto
1981
scopre la pittura acrilica
1985
è di quest''anno il lavoro "amiche"
1997
conosce il computer
1998
dopo aver lavorato senza confrontarsi con altre esperienze, decide
di mostrare sui lavori ad un più vasto pubblico (Arte di aprile)
1999
conosce Gennaro Fiume, espone nella sua galleria di via Brunetti a Roma
2000
personale a L''Aquila
2001
espone suoi lavori a Reggio Emilia e Parma
scrive Mauro Nuzzo... le opere di Diodati hanno la caratteristica di apparire sempre in luoghi insoliti, i suoi personaggi sembrano vivere in
una storia già stata, ma non scritta, percorrono luoghi nuovi per l''arte
a Parma, ci fanno compagnia...
2002
partecipa a L''Havana a un''incontro culturale Italia - Cuba
espone a Salerno e Potenza
inizia a giocare con l''argilla
2003
personale a Parma
International Artexpo New York
espone a Casarano (Lecce)
sulle strade di L''Avana (Cuba) racconta in " impressioni dal vero" isorrisi e i colori delle donne cubane, dipinge una tela lunga venti metri.
Art-Philadelphia
"Dalla donna di Fellini alle donne di Diodati " Hotel La Gradisca Rimini
ha scritto Chiara Canali ...figure che evocano la stessa atmosfera felliniana di languidi sospiri che suscitava il passaggio di una famosa protagonista del fascino femminile: la Gradisca.
collettiva “SALA BARNA” Barcellona
"il sogno felliniano a Bologna nella pittura di Lucio Diodati" Bologna
personale a Greenville – Nort Caroline – USA
2004
"Dalla donna di Fellini alle donne di Diodati " Canalgrande Hotel Modena
International Artexpo New York
Mostra mercato a Vicenza, Viterbo, Montichiari, Padova,Bolzano e Bari
personali a Stavern e Sandefiord (Norvegia)
2005
personale a Roma “I colori di Arlecchino”
Mostra mercato di Genova, Viterbo, Forlì, Parma e Bari
collettiva “5 at the Glass Bridge” a Dubai
2006
Affordable art fair - Londra
Universo-donna - Potenza (Italia)
Art & Fashion ''06 - Dubai
2007
Arlecchino a Piacenza - Piacenza
Affordable art fair - Londra
Glasgow Art Fair - Glasgow (Scozia)
Arte e fiaba - Spittal/Drau (Austria)
Arlecchino in Calabria
Arte sin fronteras - La Plata (Argentina)
Duetto - Parma
Mostra mercato di Longarone, Agrigento e Forlì
2008
La tavola di Arlecchino - Colorno (Parma)
I colori di Arlecchino - Marano Di Napoli
Donne e colori - Positano - (Salerno)
Altre storie - Manfredonia - (Foggia)
Arlecchino in Norvegia - Stavern (Norvegia)
La tavola di Arlecchino - Karlovy Vary (Repubblica Ceca)
Mostra mercato di Bari e Erba (Como)
Odalische e altre storie - Museo Vittoria Colonna - Pescara
La tavola di Arlecchino - Parma
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RECENSIONI:
I paesaggi umani di Lucio Diodati rivelano radici profonde nelle correnti artistiche che si sono succedute nella prima metà dello scorso secolo. Non è comunque facile precisare la collocazione di questo artista, che pure è pervenuto a una personale sintesi di quelle lezioni. Il suo modo di narrare e trasfigurare la figura umana, parla il linguaggio di riferimento del tardo espressionismo, quantomeno dove egli si esprime con accenni di ironia critica, e forse persino di divertimento, nella trasmutazione delle figure rappresentate. La sua visione è fortemente soggettiva e penetra all’interno dei visi, oltre gli sguardi, a scrutare una realtà di cui sembra prendersi gioco. Superando il realismo sociale, che nel ventennio dagli anni Cinquanta ai Settanta faceva il contropelo al perbenismo della borghesia, egli immette i suoi personaggi in una scenografia neutrale. Le sue figure sembrano condividere un rituale collettivo, ma fra di loro non dialogano, non si guardano mai in faccia, tutt’al più mettono in mostra, una di fianco all’altra, la loro personale mascheratura che rivela un’appartenenza sociale, se non l’essenza nascosta di una psicologia che si limita a prendere atto dell’esistere, senza turbamenti. O forse queste figure sono solo attente a dare di sé un’immagine liscia e composta di sicurezza. Del tutto personalissimo è questo modo di esporre, in primi piani e senza sfondo, la vita di creature non parlanti, e probabilmente anche un poco limitate nel sentire. Sono borghesi asettici dal lungo collo teso in atteggiamento di ascolto curioso, garbati carabinieri un poco guardinghi, cappellini bizzarri che la dicono lunga sulle riflessioni delle signore che li indossano, giovani scollature un poco azzardate di una femminilità esibita con una garbata innocenza. La qualità della pittura gioca su tagli volutamente atonali, ma ad un esame più approfondito si possono cogliere i toni, i controtoni, le ombre di contrasto e la vivacità del taglio coloristico che caratterizza la struttura sostanzialmente scenografica dell’insieme, sempre illuminato da una luce diretta e solare. Lucio Diodati tende a occupare lo spazio della tela con la pienezza delle volumetrie cromatiche, che delineano sinteticamente i corpi in tasselli geometrici di taglio quasi cubista. Alle spalle dei suoi personaggi lo spazio è vuoto, salvo alludere a una linea di orizzonte marino, o a quinte di colore modulate in stesure astratte. Questi fondi non decodificabili sono funzionali all’accentuazione dell’espressività stuporosa delle figure umane, che sembrano attendere, non solo con gli occhi ma anche con tutto il busto – le gambe non appaiono mai, come in un’inquadratura fotografica a distanza ravvicinata – un suggerimento da qualche misterioso interlocutore. In questi lavori si avverte la necessità di un’affermazione sulla pittura come gusto teatrale dell’immagine, dove una calda ironia tempera, persino con dolcezza, il gioco delle apparenze sospeso sul filo della problematica sociale. C’è anche un certo gusto realista del particolare, sia nell’accentuazione delle anatomie, che nell’accurata ricostruzione degli abbigliamenti e degli accessori. La riconoscibilità della situazione evita tuttavia le implicazioni narrative, e l’insieme di questi teatrini lascia volutamente in sospeso le possibili domande sulle intenzioni del loro autore. Diodati non pare affatto disposto a enunciare qualche fumoso intendimento etico dietro le trame di queste sue scene di vita, avendo evidentemente scelto di porgere solo l’evidenza delle sue capacità descrittive. Ne prendiamo atto con apprezzamento.
Vittorio Sgarbi
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