RECENSIONI
BOCCACCI DANIEL
L''opera di Enrico Campioli, per il quale il 1992 rappresenta l''anno dell''esordio artistico, è rigorosa, unitaria e coerente per stile e contenuto. Lontano dall''immagine di pittore ufficiale l''autore concepisce la pittura come analisi interiore dell''anima e confronto con se stesso, come confessione e ricerca interiore ad un tempo. L''astratto - dominante in tutta l''opera - e l''acrilico sono le vie privilegiate per esprimere sentimenti ed accadimenti non dicibili con altro linguaggio. Ciascuna opera costituisce, quindi, parte di uno "specchio privato" dell''autore, manifestazione, ora serena, ora tormentata di alcune tra le infinite ed inafferrabili "pieghe" dell''animo umano. Pittura come viaggio interiore, dunque, che non può non realizzarsi in rappresentazioni dinamiche ed in continua evoluzione, espressione pura dei moti dell''animo. Il punto di partenza di tale ricerca introspettiva può essere rappresentato anche da aspetti o accadimenti concreti e "reali", e soprattutto da fenomeni naturali (La foglia, La foresta, L''albero, Due sorgenti riflettono la luna, Eclissi), ma non sono che rimandi ad una realtà più profonda e nascosta. Quest''ultima, poi, è ricercata con grande intensità in opere come "La Maschera", "Infanzia", "La stanza di Saffo", le quali, ricche delle suggestioni della cultura psicanalitica, tentano di scendere nel profondo e di riportare in superficie gli oscuri moventi che hanno contribuito a formare una personalità e una storia; opere che non prive di elementi razionalistici cercano di scoprire e di aprire nuove prospettive e fanno affiorare paure ed angosce di un universo umano visto nella sua globalità e complessità.
Non pittura dei puri sensi, né pittura istintiva, l''opera del Campioli è caratterizzata dalla costante presenza di vortici e spirali cromatiche, da sinuosi e fluidi intrecci di colori che, lontano dalla tradizione estetica occidentale, rimandano ad emozioni veramente originali. Il dinamismo, privo di una soluzione definitiva, di una conclusione rasserenante, non trova una sintesi degli sparsi frammenti dell''anima, ma ripropone comunque, pur nella informalità dell''astratto un processo di autentica poesia.
Daniel Boccacci
di Ilaria Azzoni
ENRICO CAMPIOLI "GIOCA" CON LA PITTURA
Enrico Campioli è un bambino cresciuto. Questa definizione è molto calzante per individuarne la personalità, il suo aspetto, e soprattutto la sua arte. Enrico infatti è come un bimbo giocoso, sempre pronto alla battuta e allo scherzo esilarante, socievole, amico di tutti, aperto e un po'' innocente. Il suo aspetto è da intelligentone e petulante enfant prodige il primo giorno di scuola, indossando grandi occhiali fuori moda, con capelli che crescono con esuberante vigore, neri e corti, spartiti da una scriminatura laterale. Ha il vezzo di indossare costantemente papillon variopinti, che può permettersi di cambiare in una sorta di esercizio di stile, in quanto ne colleziona con cupidigia. E'' un coscritto del ''68, ha una bella moglie e due deliziosi pargoli con cui sovente entra in competizione. Sì perché il bambino cresciuto troppo, è alto più di un metro e ottanta centimetri, è padre di Fabiola di 11 anni e Mattia di 4. L''enfante prodige svolge anche un lavoro rispettabile come impiegato in una delle biblioteche storiche della città. Quanto detto fornisce un quadro esaltante, ma... anche le cose che appaiono in luce, hanno sempre una zona d''ombra. Enrico ha infatti una "insana passione", o forse è meglio dire una fissazione:... dipingere! Non si pensa di sbagliare se si afferma che per Enrico la pittura è un atto ludico e liberatorio, che non trova mediazioni, ma è diretto, come se il suo mondo interiore venisse tutto catapultato all''esterno e rivelato. Come i bambini hanno il desiderio e la necessità di giocare per esprimere se stessi, così Campioli "gioca alla pittura" per assecondare una propria esigenza espressiva e comunicativa. Entrambi non hanno come referenza la realtà. Se si dovesse ascrivere la sua pittura ad una delle correnti artistiche del''900, dovremmo tornare agli anni ''20, al Surrealismo e prendere in causa l''automatismo psichico, per il quale gli impulsi dell''inconscio vengono codificati in segni elementari sempre con una matrice gioiosa, quella per intenderci rappresentata dall''opera di Matta con la sua scrittura automatica, o Mirò con la sua visione poetica semplificata e fiabesca della realtà. Automatismo psichico mirante a manifestare il "funzionamento" del pensiero, al di là di ogni controllo cosciente; che non ha alcuna ambizione di resa mimetica della realtà e che per Campioli, come per il Surrealismo, si esprime con tecniche tra le più diverse: acrilico, pastello, ecc. Ciò che attrae maggiormente, dell''opera di Campioli, sono i colori accesi e vivacissimi. In alcuni titoli delle sue opere l''intento giocoso è palese, per esempio l''opera a pastello Alice del 1996 (di proprietà dell''artista) realizzato per la figlia Fabiola, trasporta il fruitore in un mondo favoloso che è il paese delle meraviglie. Potremmo analizzare l''opera come un insieme significante e quindi considerare le varie unità sintagmatiche, il significato che verrà attribuito alle varie unità sarà indubbiamente arbitrario. Occorre rifiutare il condizionamento dell''illusione referenziale che induce a considerare il quadro come un semplice riflesso o un frammento del mondo, reale o immaginario. Prima di considerare il suo rapporto con il mondo, la pittura deve essere esaminata nella sua propria natura. Nella nostra cultura occidentale c''è una certa attesa ricettiva al momento della lettura dell''oggetto pittorico figurativo. Questa lettura fa sì che si individuino degli opposti quali ad esempio: mondo animale vs vegetale, terreste vs celeste, oggetti animati vs inanimati, valori scuri vs valori chiari, linee ascendenti vs linee discendenti. Nel caso in questione il quadro si presenta come spazio chiuso articolato in un insieme di zone colorate scandite da anse e ondulazioni che si potrebbero considerare in quanto sintagma lineare e cromatico nel contempo. Si possono poi individuare due zone distinte, la zona di destra e quella sinistra che si pongono in rapporto antitetico caratterizzate appunto da differenti unità sintagmatiche. La zona destra è dominata da una grande vivacità e bizzarria cromatica. I sintagmi sono le linee sinuose e le figure che esse delimitano. Sono di formati e di tipologie differenti e di colori pure differenti. Il fondo è realizzato con il primario giallo; utilizzato come nel medioevo, il fondo oro, che rappresentava la luce divina, aveva la caratteristica di "fare muro" e quindi impedire la profondità prospettica. Le linee sinuose sembrano rappresentare l''elemento femminile nella sua essenza ottenuta grazie alla scelta dei colori primari quali il rosso, il giallo e il blu. La dominante femminile è già palese nella scelta del titolo. A sinistra si può rilevare una certa sobrietà determinata da una vasta campitura azzurra, realizzata in modo che i segni del pastello siano molto evidenti, dalla quale parte l''unica forma acuminata in una moltitudine di linee sinuose e morbide. L''elemento che caratterizza questa zona: la cuspide, che si incontra e incrocia con un''ansa femminile azzurra colore primario, lotta o si accoppia con la cuspide maschile rappresentata con un colore secondario, l''arancione; nato dall''unione dei due primari giallo e rosso. La zona centrale sembra una prosecuzione di quella di destra. Qualcosa di antico ed essenziale caratterizza l''opera intitolata come il mitico re minoico: Minosse, (uno smalto del 1998) E'' come se Campioli avesse rubato le sfumature di colore degli interni delle case di Cnosso e Festo, così come ci testimoniano i pochi affreschi superstiti prima che l''azione del tempo impietosa ne modificasse l''aspetto. In questo caso c''è una mediazione intellettuale maggiore. Ancora anse, ma in questo caso molto dinamiche ed energetiche, tes