Patapum - risponde subito netto Paolo Battaglia La Terra Borgese - è vero che spesso pittori e scultori mostrano il braccino un po’ corto ai critici d’arte, ma è altrettanto vero che nessun critico gonfia o sgonfia il valore di opere d’arte in funzione della sua parcella; tuttalpiù accade che, di fronte ad una remunerazione corretta, il critico d’arte scriverà più a lungo di quell’artista.
Per redigere una critica artistica occorre scrivere, e scrivere in tale direzione comporta analisi, ricerca, raffronto, scomposizione, ricostruzione, identificazione del valore, studio delle cromie e altro, tanto, tantissimo altro ancora; in una sola parola comporta tempo. E il tempo professionale è lavoro intellettuale, che, ovviamente, va soddisfatto, remunerato.
Ecco quello che scrive Angelo Conti ne La Beata Riva: «Dice lo Schopenhauer che un quadro è come un re, il quale è necessario aspettare che parli prima di noi […]».
Giustissimo; soltanto io aggiungerei - puntualizza Paolo Battaglia La Terra Borgese - che ci vuole tempo (e denaro).
Che cosa è meglio? un bravo avvocato? o un “mi rimetto alla clemenza della Corte”?
Così è nella critica artistica: l’avvocato che non avrà studiato il processo che dovrà poi patrocinare dinanzi a giudici e magistrati, scriverà, nelle difese del suo cliente, pochissimo, o niente, o magari si arrampicherà nel più misero dei copioni, o, peggio, azzeccagarbuglierà.
Accade una cosa simile nella critica artistica, quando alcuni critici d’arte ammuinano e ammoinano nelle loro critiche artistiche pur di non perdere neanche quell’incarico professionale malamente remunerato.
Lo spiega molto bene nel 1971 Bruno Munari, Artista e designer, nella sua “Critica artistica finta”, parodistica ma reale, e, purtroppo, vera.
La critica finta: (quella che va bene per qualsiasi artista di qualsiasi tendenza): «Con la sua personale tecnica e con un modo di esprimersi del tutto adeguato, attraverso segni, colori, forme e materie particolari, il Nostro ci propone, nelle sue opere, delle sensazioni elaborate secondo il suo schema, alle quali lo spettatore è libero di partecipare o meno. Il lungo e paziente lavoro, fatto sotto la guida spirituale del suo grande maestro preferito, giorno dopo giorno, nel segreto del suo luminoso studio al settimo piano di via Roma 18, lo ha condotto a queste inevitabili scelte. Le sue opere sono quindi il frutto prezioso di una ispirazione personale e di una esperienza che il Nostro fa dovuto farsi da solo, a tu per tu col mondo esterno dal quale capta il bene e il male. Non si può negare il valore artistico di queste opere proprio per le qualità specifiche che le formano. Ancora una volta il Nostro ci dimostra le sue qualità estetiche con rara coscienza ed esemplare equilibrio... I veri critici d’arte dovrebbero protestare vivacemente contro questo malcostume che ridicolizza il lavoro serio di una categoria socialmente valida quando aiuta la gente a capire. Il danno che può provocare questa falsa critica va tutto a scapito della critica vera per cui il pubblico, non avendo la possibilità di giudicare l’opera di questi falsari, mescola falsi e buoni in un unico calderone.»
Non me ne farò mai una ragione, si capisce - afferma Paolo Battaglia La Terra Borgese -, dissento io con indiscussa certezza da qualunque forma di critica artistica finta. Una critica artistica ben definita da una gradevole nitidezza e da una rigorosa precisione, rappresenta la Difesa dell’Artista nei confronti del sistema arte, e ogni autore dovrebbe sempre tenere conto di ciò.
Pagare una critica artistica finta è come pagare una difesa legale finta - conclude Paolo Battaglia La Terra Borgese -.