CURRICULUM VITAE GIUSEPPE SEBASTIANO DEVOTI:
Nato a Torino, nel 1941, si è trasferito in Abruzzo nel 2004. Abita e lavora a Canzano, località presso Teramo.
Diploma di Maturità Artistica conseguita presso l''Accademia Albertina di Torino, Laurea in Architettura conseguita presso il Politecnico della stessa città. Titolare negli anni ‘60 della cattedra di Figura e Decorazione Presso il Liceo Artistico “Giotto” di Torino.
Si definisce sperimentatore artistico per la sua continua necessità di ricercare modi espressivi che stimolino i sentimenti di chi osserva l’opera pittorica.
Nel 2006 ha fondato Il movimento PURAISMO o PURE PAINTING che persegue l’interpretazione pura della realtà. Ove per purezza si intende una libera, fantastica ed anarchica espressività al di fuori di ogni razionalismo stilistico. Questa tendenza emerge in modo dirompente nelle sue ultime opere e negli studi.
L’espressione artistica si traduce sempre in atti concreti, in gesti che scoprono e rappresentano gli aspetti profondi dell’essenza umana. Essa rende alla coscienza gli elementi inconsci della personalità dando a questi ordine e spiritualità.
L’arte è una sorta di forza sensuale che si ripiega su se stessa ed esprimendosi diviene armonia creativa. Genera il mito ed in esso si realizza sul caos dell’inconscio. Nel mito razionalizzato attraverso un’azione ordinatrice si palesano gli aspetti arcani della passione creativa nella cui fusione ermafroditica, feconda, autofertilizzante si identifica la globalità dell''universo. Il “TUTTO” che è contemporaneamente maschio e femmina, luce ed ombra, positivo e negativo, sublime ed abietto. La funzione dell’arte è di rappresentare questa realtà duplice e contraddittoria in cui si riuniscono coscienza ed incoscienza, saggezza ed ingenuità della naturalità umana. Fare arte significa inglobare nella coscienza forme fluttuanti e sparse dando loro struttura e significato. L’artefice di quest’azione sa per grazia e dannazione che il suo gesto non conosce ripensamenti perchè rappresenta la libertà di proporre, in un tempo in cui l’immaginario è sempre in fuga, l’abitare visivo del mondo attraverso la dinamicità dell’apparenza artistica. Per questo nell’artista si fondono tutti gli aspetti della realtà umana.
A questa categoria di uomini appartiene Giuseppe Sebastiano Devoti. Attualmente usa una tecnica pittorica assolutamente nuova e particolare; tecnica mista in cui più materiali vengono utilizzati per raggiungere il forte impatto evocativo del prodotto finito.
L’accorpamento dei colori: smalti sintetici, acrilici e stucchi nuance viene ottenuto su una preparazione che potremmo definire estensione dell’encausto, tecnica antichissima già usata nelle pitture parietali Pompeiane. Questo procedimento fissa i colori al supporto mediante il calore.
Devoti estende questa tecnica dandole un’ulteriore funzione, quella di ottenere un effetto pittorico nuovo ed inquietante. Le marezzature che i dipinti presentano sono ottenute per bollitura del colore a temperature prossime ai 400°C.
Sulle basi ottenute ad encausto vengono aggiunti gli altri materiali che creano l’insieme pittorico. Queste aggiunte sono distribuite con la gestualità dell’action painting, quindi anch’esse trattate a caldo e lavorate con bulini di bamboo. Completa la tecnica piuttosto complessa l’uso di un particolare stucco, inventato dall’artista, che dà materialità alla composizione.
Analizzando le sue opere si ha l’impressione di stare di fronte ad una personalità variegata ed indefinibile alla continua ricerca di una precisazione stilistica. Questa impressione (che nasce dall’irrequietudine del personaggio) è erronea, infatti un’attenta analisi della sua produzione individua una coerenza tecnico-formale comune a tutto il suo percorso artistico. La sottile ansia presente nei suoi quadri rappresenta lo scetticismo che egli ha della vita. Nella sua arte Devoti mostra la consapevolezza che nella nostra società l’utopia artistica è frammentata in singole azioni spesso tra loro incoerenti. Piuttosto ciò che è mancato al nostro artista è la continuità operativa; che ha penalizzato la sua produzione pittorica per quasi 25 anni. Questa interruzione nasce da contingenze professionali, ma soprattutto da una spiccata insofferenza a limitare la sua attività ad un solo aspetto produttivo. Questo aspetto caratteriale lo ha sempre posto in contrapposizione prima con se stesso e poi con gli altri. Nel quarto di secolo in cui ha ridotto l’attività pittorica ha spostato i suoi interessi artistici sulla produzione di materiale didattico per l’istituto scolastico di cui era dirigente: sculture in bronzo da lui fuse, terraglie cotte con metodi primitivi e disegni ad inchiostro. Questa fase è stata comunque importante perché si è realizzata in un particolare spazio di ricerca. La sperimentazione di tecniche d’uso, nuove e spregiudicate con inchiostri e resine viniliche, gli ha reso familiare il successivo utilizzo del “dripping”.
L’originalità del gesto pittorico sta nel fatto che tanto l’artista quanto l’osservatore possono, in una situazione particolare e privilegiata seguire l’atto del dipingere alla maniera di chi ascolta la musica. Le opere caratterizzate da attenzione per il gesto producono, al di là della verbalizzazione delle reazioni emotive, un coinvolgimento introspettivo. Concentrandosi sul modo in cui l’artista esprime la sua parte interiore, si va oltre la pura sensazione visiva legata al soggetto del quadro.
Mediante questo modo di entrare in relazione con l’opera, Devoti, cerca disperatamente di farci vedere ciò che nell’arte non è rappresentabile. Per dirla con Hegel di rendere “presente la presenza” di ciò che è nascosto nell’inconscio. L’artista operando mediante una fittizia incapacità d’identificare il reale, ricostruisce l’essenza emozionale del mondo recuperando con la riflessione pittorica ciò che l''immediatezza della vista non può dare.
Con il “Puraismo” ha semplicemente voluto (in un momento in cui l’urgenza di riprendere a dipingere diveniva una necessità esistenziale inalienabile) mettere ordine nella sua storia personale e potendo condividere con alcuni amici ciò che la sua esperienza umana ed artistica aveva maturato, ha definito gli aspetti formali del suo progetto artistico.
Nel rapporto quadro-sguardo, cerca di creare una metafisica del vedere il mondo prima di ogni piglio, anche del suo. Devoti propone un archetipo di realtà reinventata, quello aurorale del sogno. Visione onirica del mito cosmogonico dell’universo prima che l''uomo lo fagocitasse integrandolo ai propri desideri e bisogni.
Il suo credo emerge dall’analisi del Manifesto Puraista in cui afferma:
….”La trattazione del colore sia un fatto formale caratterizzante il rapporto magico che l’artista intrattiene con la materia della sua espressività, l’elemento stilistico che identifica un’operatività mediata attraverso un vero patos emozionale”….”L’opera nasca dall’analisi delle apparenze, rinunciando all’interpretazione ottica del mondo”….” Lasciamo che le cose penetrino in noi e c’invadano”…. “Occorre riproporre una pura visione soggettiva, dipingere una materia che prenda forma, in modo quasi spontaneo e primordiale, sotto le nostre mani”….. “che la nostra pittura risulti come un coacervo originario di tutto ciò che sarà”..…”dobbiamo saper evocare lo sforzo demiurgico di ritornare alla percezione vergine delle origini, quella non filtrata da sguardi che giudicano, accolgono o rigettano”.
Nelle ultime opere si può ritrovare la cosciente e coerente applicazione di queste idee e nello stesso tempo scoprire continuità stilistiche che risalgono agli anni ‘60.