RECENSIONI
FRANCESCO MAZZIA:
La pittura di De Rubeis è il frutto di una naturale vocazione avvertita in tutta la sua urgenza fantastica e tesa, al di là di effimere suggestioni, alla proposta di recupero del reale e del valore, naturalmente, del razionale. Tale motivo è evidenziato dalla prospettiva centrale nella quale recuperano le proprie dimensioni e i propri colori, o meglio la propria concretezza fenomenologica, l'umile pianticella dai fiori già dischiusi, il ramo oppure il comune raphanus satyrus o delle mele ecc... Tutto avviene attraverso il presupposto di un retroterra culturale con particolari rimandi al Rinascimento, senza alcuna indulgenza manieristica, e nell'intento di una duplice lezione: la ritrovata funzionalità dell'impianto costruttivo -linee e volumi- nell'eccezione di una temporalizzazione dello spazio e il necessario richiamo al reale. Tra le cose, ovvero la natura, e l'uomo v'è come una specie di velo di Maya o spesso una porta che impedisce l'istaurarsi di una consonanza di accenti di cui avverte, però, il bisogno sia esso indicato da immagini corpose ma vibranti oppure suggerito da evidenze addensate (un alitare di battiti d'ali nel tentativo di dischiudere il ) o ancora da contrasti di tenui e trasparenze quali dimensioni di uno spirito assente o assorto in possibili e vane contemplazioni di un mondo chiuso ed estraneo al reale, creato nel silenzio dietro le quinte scenografiche. Immagini che diventano similitudini di un mondo perduto di cui, però, conservano l'intenso fascino e la primigenia purezza nonché il fremito di un pulsante indimenticata esistenza. A volte, il disegno si risolve nella religiosa, attonita contemplazione del recupero reale di cui magari oggigiorno si è perduta la visione -come nella spiga dell'orzo- nell'orchestrazione di un portale quattrocentesco senza segno alcuno di afflato panteistico o richiamo estetizzante. Le linee architettoniche di cui è ricca la scena -pur nel suo equilibrio compositivo- non deviano lo sguardo verso ampie lontananze, ma lo concentrano sulla costante della sofferta tematica, la porta, che l'uomo si è da se stesso costruito per allontanarsi dal reale e quindi dalla naturale dimensione del suo essere. Per questo la pittura di De Rubeis ci sembra nella ricchezza dei suoi presupposti culturali e nella semplicità del suo generoso messaggio una proposta valida e l'inizio di un discorso da portare avanti.
CORRADO MARZAN
... De Rubeis o della rigenerazione del dato o del movente pittorico. Ma anche De Rubeis o della duttilità di una perifrasi che irretisce l'immagine prescelta senza, peraltro, assediarla con stratagemmi da rivistina goliardica e senza metterla inutilmente alle strette...La pittura di De Rubeis ci invita a rientrare nei ranghi: è ineffabile e reiterata parola d'ordine di una pittura di (non di o di ); una forma che fissa l'immagine, che esalta nella sua polivalenza oggettiva e che poi finisce con l'inchiodarsi, al di là dei pur minuziosi riferimenti di gusto e di cultura, ad un significato avventante e inequivocabile. Il linguaggio, cioè, che alimenta e giustifica, l'affascinante ambiguità di gesto canzoniere dei paradossi e delle similitudini: il nulla reale e il nulla virtuale; l'immagine sospesa nel momento della decomposizione e, parallelamente, la materia che, per filtri sotterranei, si ricompone e si sublima nelle forme, appunto, altere e ammonitrici del simbolo rivelatore.
JOHN PICCHIONE:
Da una accurata documentazione fotografica parte De Rubeis, che ingloba nelle sue vaste tele, minuscole realtà naturali colte con consapevole lucidità ed autocritica (selezioniamo come esempio paradigmatico la presenza della macchina fotografica in una delle opere, che riporta a galla il problema della dipendenza dell'artista dal materiale esterno che lo circonda e la felicità puntigliosa che lo collega all'oggetto nella rappresentazione artistica) ... si presentano indubbie tendenze surreali, nella sospensione degli elementi prescelti in un vuoto metafisico, e nella trasognata testimonianza del colore, che pur non rifuggendo da una certa esigenza di illustrare problemi contemporanei (come quello dell'inquinamento e del disastro ecologico collegati alla civiltà industriale...) blocca le figure in un' ambigua teatralità di maschera.