RECENSIONI
L''AVVENTURA DELL''ALCHIMIA
(…) È nella lettura dei risultati che risiede l’interesse nell’opera di Daniela Baldassari, pellegrina nell’ignoto delle reazioni fisico chimiche dei composti impiegati; nell’espressione visiva delle sue intuizioni, la sorpresa comportamentale dei prodotti usati riveste un ruolo fondamentale nella sua identità artistica.
E così, contro fondi disegnati secondo geometrie figurative simboliche, oniriche, evocanti stimoli o memorie sepolte, i colori gocciolano, scorrono e s’ingrumano, s’incrociano e compongono, formano immagini che danno vita a figure di una realtà biomorfica pienamente affidata alla fantasia del fruitore; una fantasia incessantemente alimentata dalla natura scientifica degli impasti chimici scelti per la sua tavolozza da Daniela Baldassari.
Si, perché se prima di lei una delle più frequenti preoccupazioni degli artisti era la “stabilità” coloristica dei quadri, (…) con Daniela Baldassari la preziosità del quadro è quasi sempre affidata alla mutevolezza temporale delle tinte; rosa che, secondo la luce del giorno, si trasformano in oro o in granata o in violetti.
Si tratta allora di giochi alchemici per dare un’anima palpitante alla materia, sconcertare l’occhio del visitatore che aveva già individuato un significato, o scovato un’espressione vivente nelle figurazioni crittografiche…
Infatti, negli intrecci coloristici apparentemente astratti, con la stessa immaginazione che, da bambini, ci faceva scorgere animali fantastici nelle nuvole, o nelle rocce, occhi diabolici nella brace, sotto la cenere del focolare, fra le gelatine acriliche che incrostano le sue tele, si rivelano figurazioni anatomiche sublimate, si colgono espressioni umanizzanti clandestine; se a queste dissimulate verosimiglianze vitali si aggiunge la cangianza dei colori… ecco il miracolo dell’alchimista che fa vivere persino i prodotti delle moderne tecnologie. (…)
LORENZO DE POMPEIS
“Quando Daniela passeggia per la vita, zittendo le grida e scrivendo silenzi, riflette nella sua particolare pigmentazione lo spirito precursore della dialettica hegeliana.
Tutti i colori partono dallo scoppio della calma, ampliano l’azione di movimenti opposti e terminano nello stesso luogo da cui sono cominciati…
La policromia perfetta e attentamente lavorata, irradiando la congiunzione dell’antagonismo nell’armonia e viceversa, costituisce l’essenza della ricerca di Daniela Baldassari….”
JERJES MORAN - VENEZUELA
NELLO SPECCHIO L’ARCHETIPO
"Sempre di più sono colpito dall''emozione che la ricerca creativa di donne suscita in me con la "presentazione" perentoria, perchè poeticamente determinata, di immagini che sono allusioni a temi brucianti dell''esistenza.
Daniela Baldassari è nel solco di questa ricerca, con una sua personale visione e un suo linguaggio che costituisce in questo orizzonte un punto definito e di indubbia suggestione.
Le immagini viste sulle pareti gremite dello studio, viste una per una, nel ricordo si alzano in volo sulla mia testa a comporre un paesaggio, una volta bellissima, una grotta tra luce e ombra, o forse un grembo materno dilatato a cielo.
Non so ancora darmene conto, ma è certo che l''atto remoto col quale nel tempo immemorabile l''uomo ha affermato la sua presenza e collocato le pietre e gli animali della vita, come altri nel ciclo, in una rete fittissima di corrispondenze tra corpo e cosmo, ritrova, nel lavoro di donne una sua definitiva incarnazione. La materia piegata con energia e dolcezza estrema a significare le cose minute del sentimento umano, anche quando ha desiderio di volare via per spazi infiniti.
Daniela ha trovato - nel suo essere donna - qualcosa che è nella memoria profonda della specie umana e l''ha riportata a vivere nel presente e agire nella trasfigurazione di un mondo altro. Memoria che filtra tra le trame imponderabili del sogno ed è immagine di un vissuto che conosce il dolore, ma costruisce continuamente gioia e gioia di vivere. O almeno ne fa sentire assoluta e irrinunciabile la necessità.
Creazione - che trae senso dalla maternità, da quel vivere il mistero nel grembo e nel sangue del nascere e del morire che della creazione è il segno.
Creazione inesauribile di forme germinali e cosmiche, per via di tutte quelle fantastiche cellule che si dilatano in cosmo, che dipinge con colori puri, precedenti l''incarnazione in forme e fa proliferare nello spazio a portare la vita; il "calco" quasi fossile della vita; il gesto, la materia che si fa elemento di spiritualità, presenza dell''anima come sommerso in un continuum ininterrotto, oltre ogni differenza - in una solitudine e tristezza immensa - Mest-izia "impronta" dalla quale ricomporre l''identità perduta.
Grumi - prima che cellule - come congelati - nel colore che si fa opaco in attesa di luce. Il coinvolgimento che apre a rilevamenti, a scoperte, a suggestioni che non trovano spiegazione ma che ti prendono. Crateri, frammenti di corpi celesti, spaccati di roccia, alvei di fiumi, sedimenti di acque e di vulcani, esplosioni perdute di cui ci arriva l''eco e il suono da distanze incommensurabili in un vortice che è memoria profonda, ombra di tempi lontanissimi, di vastità dimenticate, che emergono da fondali infiniti di Oceano.
Io non so, non so darne una ragione, forse perchè troppo fragile il filo della ragione per legare il cumulo di presenze, come in "Ragione", questa schiarita che è rinuncia e perdita; corpo in un frammento dilatato a natura, a luogo in cui si condensano eventi, dove l''"invisibile" preme ed è condizione di "visibile".
È che nella ricerca di donne oggi avvertiamo - deciso, irrinunciabile – il tentativo di esprimere stati di coscienza diversi dalla percezione ordinaria, che danno accenno al piano – il suo essere maternità – germinativo, archetipale della realtà.
L’occhio è indotto a correggere il fuoco, ad appuntarsi su un particolare, e ci si rende conto che il rapporto tra questa traccia umana e l’immensità circostante, comincia e definisce la possibilità che ha l’uomo di cancellarsi e di identificarsi con il cosmo, per vivere al di là della sua psiche e apprendere, nello specchio della sua quiete interiore, l’archetipo.
ELIO MERCURI