riesco a sentire

Collettiva d’arte contemporanea a cura di Anna Soricaro.


riesco a sentire

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Un film di fantascienza che si regge sulla finzione, un mix di azione e tensione è stato prescelto per ispirare un’esposizione di arte contemporanea. La protagonista del film è un’eroina in grado di compiere grandi azioni, lo stesso identico potere che la passione per l’arte riesce a creare. Una travolgente forza consente all’artista di riuscire a dipingere con una grinta che gli consente di percepire ogni cosa, forza e gravità insieme, in una danza di gesti dai risultati sempre grandiosi. Astrazione e figurazione a confronto, pacatezza di cromie ed esplosione cromatica, a dimostrazione che l’istinto per l’arte consente grandi rese. Quattro artisti nati per lasciare un segno perenne, Luciano Curtarello, Liana Degan, Giovanni Antonio Pettina’, Roberto Tresin, ognuno, a modo suo, riesce a sentire le vibrazioni, le emozioni più remote della memoria e ad imprimerle con una grandiosità che l’osservatore attento saprà cogliere in un percorso avvincente ed entusiasmante.
Luciano Curtarello ferma luci ed ombre di una quotidianità urbana, diurna o notturna, offrendo immagini di donne in pose intime, di raccolta o dallo sguardo sempre languidamente pensante. Ebbene sì, Curtarello riesce a giungere all’anima dell’osservatore cogliendo l’intimità di ogni donna. Parte dalla realtà per creare dei chiaro-scuri di impatto che, resi con tonalità sempre differenti, riescono a identificare attimi particolari. Un’arte altamente contemporanea perché tutta questa grandezza è l’esito di una produzione digitale, un programma consente all’artisti di dipingere al pc, non fotografie rielaborate, ma una creazione digitale che dopo la stampa viene manualmente ritoccata, tratteggiata e resa unica. Una resa digitale grandiosa perché ogni opera d’arte gode di intromissioni e manomissioni dell’artista sempre diverse, interpretazioni singolari che rendono la soluzione finale irripetibile. Curtarello palesa la natura digitale delle sue opere evidenziando come l’arte contemporanea possa essere definita tale anche perché si avvale di idea ed innovazione che in lui divengono grandiosità e verità.
Liana Degan è prima di tutto una ricercatrice artistica che tra indagini e studi approda a mondi sempre diversi, ora indaga il mondo del cinema. Con una pittura astratta e cromaticamente pregevole l’artista dipinge ciò che ha dentro in una personalizzazione grandiosa di ciò che la abita e di ciò che percepisce giornalmente attraverso gli stimoli esterni. Guardando colori, sentendo odori e percependo rumori e musiche si liberano le sensazioni, così l’opera d’arte si palesa e concretizza in un istinto da cogliere: così nasce ogni nuova creazione. Tratteggiando i colori delle emozioni, tutto diviene cromia e nonostante le documentazioni e gli studi personali nelle opere d’arte, l’artista si lascia andare alle cromie e per la vera comprensione ogni osservatore deve librarsi nei toni e nei gesti per entrare in quei mondi grandiosi e perdersi con la mente. C’è una musica intensa e vibrante in ogni tratto e si percepisce nella grandezza dei colori e nella profondità degli stessi che intrappolano lo sguardo e lo lasciano librare. Un’arte intensa ed avvincente, come un grande film, che vibra oltre che lasciarsi osservare e che lascia segni concretamente indelebili nel panorama artistico odierno.
Roberto Tresin vive l’arte in una dimensione intima, è dentro il proprio animo che prima si tratteggia l’opera per poi lasciare che la mano danzi sul supporto, ligneo o tela, in uno sfogo cromatico grandioso. Opere di grande formato si compongono tra linee, cerchi, incroci per esiti avvincenti ed intriganti. E’ una sinfonia l’arte di Tresin in cui ogni tratto è la punta di una ballerina che danza in un intrigo cromatico che mai si placa, in uno spettacolo avvincente, incalzante, intrigante. Si percepisce la grandezza di una animo nobile in ogni gesto insieme alla maestrìa di un artista che sa realizzare opere dal grande impatto visivo. Sfogo e libertà, moti ed avventure intime si susseguono nelle opere d’arte identificando la mappatura di un animo prigioniero dell’arte poiché ogni tratteggio non placa l’impeto avvincente dell‘artista. E’ proprio nella passione invasiva che si sfoga sul supporto che si percepisce la grandezza di una mano che offre armonia ed energia all’intera resa finale.
Giovanni Augusto Pettinà è pittore e scultore dall’indiscussa originalità artistica. Opere per nulla consuete, sia pittoriche che scultoree, accolgono l’osservatore con una semplicità disarmante. Paiono protagonisti di un’arte classica i suoi personaggi, rigorosamente nudi, asessuati che si lasciano osservare con naturalezza. L’arte per Pettinà è un bisogno che nutre sin da piccolo, spirito timido, introverso sfoga le sue incapacità nell’arte ce diviene espressione, luogo di approdo rasserenante. Nasce come esigenza e bisogno personale e tutta la semplicità di un animo rigido e timido si palesa in colori essenziali, figure umane semplici, tonalità e contrasti ridotti al minimo assoluto. Una stilizzazione dei personaggi mai visti in precedenza, paiono primitivi i protagonisti, accoglie l’osservatore che resta, sorpreso, a scrutare e comprendere. Le sculture, identiche nello stile ai protagonisti pittorici, lasciano che l’essenzialità si esprima in una resa priva di particolari, di prospettiva, quasi appiattita. Nessun colore ma una ruvidità della materia, la terracotta, che si liscia per pose intime, raccolte, rese con una accuratezza sorprendente. C’è una grandiosa intrigante pacatezza in ogni opera, un silenzio assoluto che inonda l’osservatore intento, anche,a studiare la particolarità unica del telaio che lateralmente è arrotondato a palesare la morbidezza di un animo semplice come le sue figure, gentile e umile, perle rare nella pochezza di questa società.
[.…] Riesco a sentire tutto. Lo spazio, l'aria, le vibrazioni, le persone, percepisco la forza di gravità, riesco a sentire la gravità della Terra, il calore che esce dal mio corpo così come il sangue nelle mie vene. Riesco a sentire il mio cervello, a ricordare le cose più remote della mia memoria.
Lucy, 2014, USA-Francia, regia di Luc Besson

Dove

Centro Culturale Zerouno,via indipendenza, 27, Barletta

INFO

Periodo di Riferimento: 16 - 30 maggio 2018 Patrocini: Fondazione Giuseppe De Nittis Vernice: mercoledì 16 maggio - ore 18.00 - Orari:. lun- ven. 17.00 - 20.00 sabato e tutte le mattine su appuntamento - dom. chiuso. Ingresso: Libero. Espongono: Luciano Curtarello, Liana Degan, Giovanni Antonio Pettina’, Roberto Tresin